17 gennaio 2018

S. ANTONIO ABATE - 17 GENNAIO



SANT' ANTONIO ABATE

 Il 17 Gennaio è il giorno in cui la Chiesa ricorda Sant’Antonio Abate, considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati.
Nei secoli Sant’Antonio è diventato protettore degli eremiti, monaci, canestrai, dei lavoratori della terra, dei seppellitori, dei vigili del fuoco, degli animali domestici e degli strumenti del lavoro nei campi.
Patrono di tutti gli addetti alla lavorazione del maiale, vivo o macellato,quindi inclusi macellai e salumai, è anche il patrono di quanti lavorano con il fuoco, come i pompieri, perché guariva dal fuoco metaforico che era l’herpes zoster, ma anche in base alla leggenda popolare che narra che S. Antonio si recò all’inferno, per contendere l’anima di alcuni morti al diavolo e, con l'aiuto dello scompiglio provocato dal suo maialino che si era intrufolato, riesce ad appiccare il fuoco infernale alla punta del suo bastone, riuscendo così a portando fuori per farne dono all’umanità.
 È invocato contro tutte le malattie della pelle e contro gli incendi.
Nel giorno della sua festa liturgica, è tradizione benedire le stalle e il bestiame domestico, una volta unica risorsa del mondo contadino e ancora oggi, in alcuni paesi, si usa accendere i cosiddetti “falò di s. Antonio”, in ricordo e come rito di purificazione e fecondazione della Natura.

 
David Teniers il Giovane - Tentazioni di sant'Antonio
Museo del Prado, Madrid

Di questo santo eremita morto ultra centenario,   ci è pervenuta una soddisfacente agiografia per merito di Sant' Atanasio, suo zelante discepolo e amico che,  ben conoscendolo, riuscì a illustrarne la personalità, le abitudini, le opere e il pensiero.
Antonio nacque nel 250 in Egitto eprecisamente a Coma (odierna Qumans), da una famiglia di benestanti agricoltori cristiani .
Rimasto orfano intorno ai 20 anni ereditando  un consistente patrimonio da amministrare e  una sorella minore da educare, preferì  tuttavia assecondare la sua esigenza religiosa e  seguire l’esortazione evangelica " Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi”(Mt 19,21) .

 
Giovanni Girolamo Savoldo - SS. Antonio abate e Paolo eremita
1510 circa, Gallerie dell'Accademia Venezia

Così, distribuì i beni ai poveri e dopo aver affidato la sorella a una comunità di vergini, seguì l'esempio di altri anacoreti che vivevano nei deserti attorno, intraprendendo la vita solitaria e vivendo in preghiera, povertà e castità.
 Atanasio scrive che il santo pregava continuamente ed era così attento alla lettura delle Scritture, da ricordare tutto senza ormai più dover leggere.
Alla ricerca di un perfetto stile di vita esemplare, chiese illuminazione a Dio e come risposta gli apparve un angelo che seduto lavorava intrecciando una corda, poi si alzava e pregava, continuando alternativamente.  Antonio intuì che Dio gli stava indicando la via del lavoro e della preghiera, la stessa che, due secoli dopo, sarà alla base della regola dei monaci benedettini “Ora et labora”
  
Bernardo Parentino - La tentazione di S.Antonio Abate 
Palazzo Doria Pamphilj - Roma

Dopo qualche anno di questa vita iniziarono però prove durissime e tentazioni: i dubbi sulla sua vita solitaria, l'istinto della carne e il desiderio per i beni materiali sopiti in quei primi anni di vita eremitica, ritornarono prepotentemente nella sua mente, assillandolo.
Su consiglio degli altri asceti, decise di sbarazzarsi ulteriormente di ogni legame o cosa e di ritirarsi in un luogo ancora più solitario. Così, vestito solamente di un rude cencio, si stabilì in un’antica tomba scavata nella roccia nei pressi di Coma.
 In questo luogo, oltre alle tentazioni subentrarono terrificanti visioni e frastuoni; addirittura sarebbe stato selvaggiamente percosso dal demonio e, privo di sensi, soccorso dalle persone che si recavano periodicamente a portargli del cibo e trasportato nella chiesa del villaggio, dove si rimise.

Giuseppe Bernardino Bison, La tentazione di Sant'Antonio abate
XVIII-XIX sec.

  Ancora in vita accorrevano da lui pellegrini e bisognosi da tutto l'Oriente, perfino l'imperatore romano Costantino e i suoi figli ne cercarono il consiglio, ma ciò disturbava il suo raccoglimento, allora l’eremita spostò la sua dimora verso il Mar Rosso, sul monte Pispir, in una fortezza romana abbandonata e infestata dai serpenti, ma con una fonte sorgiva.
Rimase in questo luogo per 20 anni, nutrendosi solo con il pane che gli veniva portato due volte all'anno, proseguendo la sua ricerca di totale purificazione, pur essendo aspramente tormentato dal demonio. 

Camillo Procaccini-Le tentazioni di sant'Antonio Abate, 1590-95
-Galleria Nobili, Milano-

Antonio uscì fortificato da queste prove ispirato dal soffio divino, cominciò a consolare gli afflitti, ottenendo dal Signore guarigioni, liberando gli ossessi e istruendo nuovi discepoli che avevano assediato il suo eremo.
I seguaci di Antonio si scissero in due gruppi che diedero origine a due comunità, una a oriente e l'altra a occidente del fiume Nilo.
Questi monaci del deserto vivevano in solitudine in grotte e anfratti, sotto la guida di un eremita più anziano e con Antonio come guida spirituale.

 

Diego Velázquez- S. Antonio abate e S. Paolo eremita,

1635-38, Museo del Prado, Madrid

Antonio si adoperò molto per fortificare la Chiesa e allo scopo, nel 311, non esitò a lasciare il suo romitaggio per recarsi ad Alessandria, dove imperversava la persecuzione contro i cristiani ordinata dall’imperatore romano Massimino Daia, per sostenere e confortare i fratelli nella fede e desideroso lui stesso del martirio, ma forse perché incuteva rispetto e timore reverenziale anche ai Romani, fu risparmiato.
 Le sue uscite dall’eremo si moltiplicarono per servire la comunità cristiana e sostenere con la sua influente presenza l’amico e vescovo di Alessandria, S. Atanasio che combatteva con gran fede l’eresia ariana. 

Scuola fiamminga,XVII sec.
SS. Antonio abate e Paolo eremita si dividono un pezzo di pane, 
musée du Louvre,Parigi

Tornata la pace nell’impero, per sfuggire ai troppi curiosi che si recavano nella fortezza del Mar Rosso, decise di ritirarsi in un luogo più isolato e andò nel deserto della Tebaide, sul monte Kolzim, dove prese a coltivare un piccolo orto per il suo sostentamento e di quanti si recavano da lui per aiuto e ricerca di perfezione.
Visse in questo luogo fino alla fine dei suoi giorni assistito da due monaci nell'estrema vecchiaia. Morì probabilmente il 17 gennaio 356 e  fu seppellito in un luogo segreto , si narra da S. Paolo di Tebe con l’aiuto di un leone.
I suoi discepoli tramandarono alla Chiesa la sua sapienza, raccolta in 120 detti e in 20 lettere, in una delle quali  scrisse ai suoi: “Chiedete con cuore sincero quel grande Spirito di fuoco che io stesso ho ricevuto, ed esso vi sarà dato”.

 

Pisanello - Vergine con Bambino con i Santi Giorgio ed Antonio abate 

metà 1440-45 circa, National Gallery, Londra

Solo nel 561, cioè molti anni dopo la sua morte, fu scoperto il luogo della sua sepoltura e le sue reliquie, dopo un lungo peregrinare da Alessandria d'Egitto a Costantinopoli, giunsero definitivamente nell'XI secolo,  a Motte-Saint-Didier, in Francia , dove fu costruita una chiesa per ospitarle con tutti gli onori.
Qui ben presto iniziarono ad affluire frotte di pellegrini per venerare le spoglie del santo, nonché folle d'infermi di ogni tipo, ma in particolare di ammalati di “ergotismo canceroso”, un morbo  conosciuto fin dall'antichità col nome di “ignis sacer”, per il forte bruciore che dava e ch'era causato da un fungo  presente nella segale, usata per fare il pane.

 

Il Sassetta - Sant'Antonio abate e san Paolo Eremita, 1440 circa,

National Gallery of Art, Washington

 Per ospitare tutti gli ammalati che giungevano sul luogo, furono costruiti un ospedale e un villaggio che prese il nome di Saint-Antoine de Viennois e inoltre vi si costituì l'Ordine ospedaliero degli “Antoniani”, una confraternita di religiosi.
 Per consentire il sostentamento dell'ordine, il papa accordò a questi frati il privilegio di allevare maiali che venivano mantenuti a spese della comunità e che giravano liberi per cortili e strade con il riconoscimento di una campanella legata al collo, senza che nessuno osasse toccarli.

 
Hieronymus Bosch -  Tentazioni di sant'Antonio, 1505 circa
Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona

Il grasso di questi maiali veniva usato per medicare le piaghe dell'ergotismo, volgarmente detto “fuoco di Sant' Antonio”, nome scientifico: “herpes zoster”.
 Ecco il motivo per cui il maiale cominciò a essere associato al santo egiziano.
Nell'iconografia  è spesso raffigurato circondato da donne procaci (a simboleggiare le tentazioni), da animali domestici come il maialino con la campanella e anche con il bastone degli eremiti a forma di T, cioè la ‘tau’, ultima lettera dell’alfabeto ebraico e quindi allusione alle cose ultime e al destino.

Francisco de Zurbarán - S. Antonio Abate

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